Confindustria: “L’Agenzia sia luogo di incontro tra imprese e ONG”
A pochi giorni dalla scadenza del primo bando lanciato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione per sostenere iniziative imprenditoriali innovative da realizzare nei paesi partner, abbiamo intervistato i vertici di Confindustria per capire quale sia stato il grado di interesse registrato tra le imprese confederate. A rispondere alle nostre domande la dott.ssa Camilla Cionini Visani, Direttore Internazionalizzazione.
Nel corso del 2017 sta crescendo in Italia l’attenzione sui temi della sostenibilità e degli SDGs. Dal riscontro delle attività che portate avanti da Confindustria sul fronte internazionale, qual è oggi il grado di interesse delle aziende italiane vostre associate sull’Agenda 2030?
L’industria italiana è impegnata da tempo in attività e progetti per la crescita economica sostenibile e le imprese sono sempre più consapevoli del contributo che possono apportare. Spesso, infatti, sfugge un dato essenziale: per le imprese, la tutela dell’ambiente, l’efficienza energetica, l’adozione di tecnologie, processi, materiali ad alta intensità di ricerca ed innovazione, nonché l’attenzione ai bisogni e ai diritti delle comunità locali sono fattori di competitività. L’ottica dello sviluppo sostenibile è già oggi radicata nelle strategie aziendali e costituisce un asset di mercato, non un costo. Accanto a tutto ciò, naturalmente, molte imprese sono impegnate in azioni di responsabilità sociale ed ambientale, integrando questi valori e principi nella propria business conduct. Naturalmente l’attenzione agli SDGs è maggiore nelle grandi imprese che operano su base internazionale, ma sta crescendo anche tra le piccole e medie, consapevoli che sulla base delle loro eccellenze possono, al contempo, fornire un prezioso contributo allo sviluppo ed acquisire un vantaggio competitivo sui concorrenti in mercati spesso difficili da penetrare.
Come vedete il ruolo delle aziende italiane nella cooperazione internazionale anche alla luce della nuova legge 125/2014? Registrate una sensibilità diversa o un interesse crescente ad attivarsi come settore privato profit in questo ambito?
La Legge 125/2014 mette finalmente il nostro paese al pari dei partner europei e internazionali. L’impianto normativo è avanzato ed era tempo di compiere questo upgrading. Abbiamo accolto con particolare favore il riconoscimento delle imprese come soggetti attivi della cooperazione. D’altro canto, è chiaro da tempo, in tutto il mondo, che per ridurre la povertà e favorire lo sviluppo bisogna favorire la crescita economica e la creazione di posti di lavoro ed a questo fine, il ruolo delle imprese nel generare investimenti e trasferire competenze e conoscenze è imprescindibile.
Nell'esperienza delle organizzazioni non governative impegnate nella cooperazione allo sviluppo le aziende hanno spesso contribuito attraverso la filantropia. Oggi al livello internazionale il non profit e le istituzioni si aspettano che le aziende siano sempre più proattive nelle partnership per lo sviluppo. Dal vostro osservatorio c’è una tendenza in questo senso in Italia?
La creazione di partnership per lo sviluppo è sicuramente un’opportunità. La collaborazione tra soggetti con diverse competenze può favorire il miglior esito di un progetto e, data l’esperienza delle ONG in questo settore, in taluni casi può essere dirimente per l’impresa. A questo riguardo, sarebbe molto utile disporre di strumenti per indirizzare le imprese verso le ONG con le quali possono stabilire collaborazioni e sinergie. Le Piattaforme per la condivisione di conoscenze della UE o la Piattaforma ONU per le partnership negli SDGs sono esempi a cui ispirarsi. L’Italia ha sicuramente bisogno di stimolare ed agevolare tali forme di partenariato ed il luogo naturale dove imprese e ONG possono incontrarsi è la nuova Agenzia per la Cooperazione.
Il mese scorso l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha lanciato il primo bando per supportare iniziative del mondo profit nella cooperazione. Il bando che ha scadenza a fine ottobre è sicuramente un primo banco di prova di queste nuove dinamiche. Avete registrato tra gli associati un interesse a parteciparvi? Che aspettative avete in merito?
Abbiamo promosso il bando insieme alla Agenzia presso alcune nostre associazioni e l’interesse delle imprese è stato considerevole, ma abbiamo anche raccolto una forte domanda di assistenza. Per un’impresa che non ha mai avuto esperienze in questo campo, soprattutto se è piccola o media, è fondamentale essere guidata sia nelle procedure che nella messa a fuoco degli obbiettivi. Sarà un banco di prova importante e ci attendiamo che, oltre all’assegnazione dei fondi, fornirà utili indicazioni per il futuro, poiché il processo è appena nato e va accompagnato. La collaborazione con l’Agenzia è buona e siamo fiduciosi che si strutturerà ulteriormente. La sensazione che prevale al momento è la curiosità e l’interesse. A bando chiuso, sarà interessante analizzare la partecipazione, le regioni ed i distretti di provenienza delle proposte, la dimensione media delle imprese richiedenti, i settori industriali prevalenti, i paesi e le aree geografiche interessate, le eventuali partnership, sia locali che con ONG italiane. In breve: faremo un assessment complessivo e sono certa che trarremo indicazioni utili.
Secondo la vostra esperienza, cosa potrebbe essere fatto di nuovo e/o di diverso per favorire e promuovere il ruolo delle aziende nella cooperazione allo sviluppo come previsto dalla legge 125/2014?
Credo sia essenziale focalizzarci su due fattori: da un lato, accrescere l’informazione e la consapevolezza delle aziende, rispettivamente, sull’esistenza di questi strumenti e sul modello di business inclusivo, dall’altro fare si che il sistema italiano della cooperazione si doti di strumenti efficaci per sostenere e rafforzare la capacità tecnica delle imprese e, come già detto, anche le collaborazioni con gli altri attori dello sviluppo.
Mercoledì 18 Ottobre 2017