Global Fund - Heineken: la partnership che fa discutere
Un nuovo esempio di mega partnership con il settore privato profit fa discutere il mondo della cooperazione. Il Fondo Globale contro Aids, malaria e Tbc ha recentemente siglato una partnership milionaria con il gigante della birra Heineken. Di seguito i dettagli e le reazioni riportate da Maurizio Paganelli in un articolo apparso
su Repubblica.it.
Porte aperte alle partnership con i privati, valutando
di volta in volta rischi e benefici: così, in sostanza, la risposta
del Fondo
Globale contro Aids, malaria e Tbc alle tante ong mobilitate
contro l'accordo siglato per l'Africa con la casa tedesca di produzione della
birra Heineken. Nessuna marcia indietro quindi perché qui si tratta di un
accordo logistico per utilizzare al meglio la capacità di penetrazione in
Africa di Heineken, al fine di raggiungere le comunità più sperdute del
continente. Una vicenda che però ripropone in termini assai chiari la questione
della "linea rossa" da non superare nelle partnership con i privati. Vecchia
diatriba che arriva proprio nel momento in cui entra in carica (dal 1 marzo) il
direttore esecutivo del Fondo Globale, Peter Sands, 55 anni, britannico, ex
capo esecutivo della Standard Chartered Bank. Sands ha iniziato la sua carriera
alla McKinsey & Company, ha un curriculum di prestigio e siede in vari
board internazionali, insegna dal 2015 all'Harvard University, è un esperto di
salute pubblica. La rivista Lancet lo ha però definito, in estrema sintesi,
"economista e banchiere".
Il caso Heineken. La partnership del Global Fund con Heineken
viene annunciata il 26 gennaio 2018, quindi prima dell'arrivo di Sands. Un
accordo per l'Africa, valutato nel corso di tutto il 2017 da vari esperti del
Fondo. Si tratta dell'aiuto che l'azienda produttrice di birre può dare nella
salute con la propria organizzazione capillare ("l'ultimo miglio")
nei luoghi più remoti. L'obiettivo, anche di marketing, è arrivare "alla
giusta audience con il giusto messaggio allo stesso tempo". Un modo per
raggiungere i gruppi più a rischio di Hiv, Tbc e malaria. Sono stati chiamati
"strumenti e approcci innovativi".
Accordi simili. Il radio-blog sulla salute globale e lo sviluppo Goats and Soda (story
of life in a changing world) ricorda analoghi accordi con multinazionali
"contestate". La Pepsi ha donato milioni di dollari a Save the
Children per combattere la malnutrizione in India e Bangladesh. Nel 2016
l'Unicef ha concluso un accordo con la multinazionale Unilever (multibrand da
Cif a Knorr, da Fissan a Dove, Lipton, Calvè, Svelto...) per aumentare
l'accesso all'acqua pulita in 4 Paesi africani; l'azienda di birra Stella
Artois sta lavorando, anche con Ikea, insieme alla charity internazionale per
l'acqua pulita Water.org in
13 Paesi tra Africa, Asia e SudAmerica. Non basta: l'Oms, Organizzazione
mondiale della Sanità, ha "impostato un programma con la Coca Cola
chiamato Progetto Ultimo Miglio (Project Last Mile) che è molto simile
all'accordo raggiunto con Heineken", racconta Goat's and Soda - "Il
Project Last Mile offre supporto logistico per la distribuzione di farmaci e
forniture sanitarie in Africa". Heineken è in Africa da oltre un secolo
con le sue strutture commerciali, già da tempo è membro della delegazione del
settore privato all'interno del board del Global Fund. A tutti gli effetti è un
finanziatore del Fondo.
La lettera delle ong. Il 1 febbraio una lettera aperta firmata da tre
grandi organizzazioni non governative che lavorano soprattutto nel campo delle
malattie non infettive, dipendenze da alcol e droghe (IOGT International che
affronta dipendenze di alcol e droga, Global Alcohol Policy Alliance, un
network internazionale, NCD Alliance che associa 2000 organizzazioni sulle
malattie non infettive) a cui si sono aggiunte altre 11 associazioni o gruppi
da tutto il mondo, ha chiesto di cancellare l'accordo. La motivazione è
semplice: l'alcol è dannoso, sia nelle malattie infettive come Hiv e Tbc, che
in quelle non infettive, vi sono impegni e documenti dell'Oms anche
recentissimi che lo affermano; è un fattore di rischio proprio per Hiv e Tbc;
esiste inoltre un chiaro conflitto di interessi, così si aiuta e si legittima
questo brand dandogli visibilità e gli si fornisce nuova linfa per penetrare di
più nel mercato africano. Anche la prestigiosa rivista Lancet che aveva accolto
Sands in modo positivo, diventa critica: con un articolo e un editoriale pone
la questione dello scontro con le Ong come un grande ostacolo per il Fondo
Globale. Nessuno si dichiara contrario in via di principio alle partnership con
i privati, ma quando si tratta di tabacco, armi o alcol devono esistere dei
limiti.
La risposta del Global Fund. Peter Sands ha sempre risposto in modo sintetico su
twitter anche al Lancet: "La mia intenzione è accrescere (non ignorare) la
diversità di tutti quelli coinvolti nella salute globale, in parte utilizzando
il settore privato in modo più efficiente. La mia passione è raggiungere
risultati, farla finita con l'epidemia di Aids, Tbc e malaria". E ancora:
"Il mio interesse è per l'impatto, non per il settore privato per
sé". Ora dal Fondo Globale, rispondendo a Repubblica.it, arrivano per la
prima volte risposte più compiute e articolate sul momento di crisi con
attivisti e Ong: "Il messaggio sbagliato è escludere partnership innovative
quando si hanno obiettivi così ambiziosi come la fine di queste epidemie. Se
davvero vogliamo raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e
costruire sistemi sanitari più resilienti, abbiamo bisogno di collaborare con
il settore privato per usare a nostro vantaggio le loro risorse e capacità
innovative. Un approccio tradizionale non ci porta al raggiungimento degli
obiettivi della fine delle epidemie nel 2030".
Una sottile linea rossa. Quale allora la "linea rossa" da non
superare? Risponde Ibon Villelabeitia, uno dei portavoce a nome di Peter Sands
e del Fondo Globale: "La comunità della salute globale ha bisogno di
coinvolgere in modo più efficace i privati. Sappiamo che esistono differenti e
validi punti di vista su come sia meglio raggiungere questo. Noi dobbiamo saper
soppesare vantaggi e rischi di lavorare con aziende di ogni tipo. Esistono
anche svantaggi nel non coinvolgere il settore privato. Stiamo utilizzando un
approccio pragmatico e non ideologico. Le partnership non sono tutte uguali. Nella
nostra esperienza le migliori partnership sono una combinazione di
collaborazione e buona volontà per sfidare e mettersi alla prova".
Probabilmente il Fondo Globale si ritiene così forte da sostenere l'influenza
delle multinazionali d'ogni tipo? "Il Global Fund è una partnership di
governi, donatori ed esecutori, società civile, settore privato e persone
affette da malattie. Non c'è una sola componente che controlla o influisce
sull'organizzazione. La forza del Global Fund è la sua differenza e collaborazione
tra i diversi componenti. Solo insieme potremo sconfiggere le malattie".
Non solo dollari. I conti si fanno presto: Il Fondo Globale è la più
grande partnership pubblico-privato e investe circa 4 miliardi di dollari
l'anno in programmi sulla salute riguardo Hiv-Aids, Tbc e malaria. "Ma-
segnalano dal Fondo Globale - esiste un gap di 20 miliardi di dollari per il
periodo 2017-2019 per attuare le strategie approvate sulle tre malattie nei
Paesi dove il Fondo Globale interviene, ogni dollaro in più può aiutare. Ma i
soldi di per se non faranno finire l'epidemia di Aids-Hiv, malaria e
tubercolosi entro il 2030 - sottolinea il portavoce Ibon Villelabeitia - Serve
più innovazione - negli strumenti clinici sia diagnostici che nei farmaci e
nella tipologia
degli interventi - una forte
leadership politica, un vigoroso attivismo delle comunità. Non solo: serve
garantire che i diritti umani e la questione di genere plasmino le strategie
sulla sicurezza della salute in modo potente, efficace e pratico". Basterà
a calmare le ong?
Martedì 3 Aprile 2018