La pandemia ferma il trend positivo delle ONG, cambiare per ripartire
Le organizzazioni della società civile registrano una battuta d’arresto dopo un triennio in continua crescita e chiedono investimenti e risorse per rilanciare
la cooperazione internazionale
Dodici
mesi fa, a poche settimane dall’inizio della pandemia, si era appena chiuso un
anno del tutto positivo per le organizzazioni della società civile italiana
impegnate nella cooperazione internazionale e nell’aiuto umanitario. Supera un miliardo di euro il valore economico delle ONG italiane con un
ulteriore incremento del 3% rispetto al 2018 che consolida la crescita del 19% sull’ultimo
triennio. Stesso trend anche per le risorse umane impiegate nel settore, più
11% dal 2018 e più 21% sul triennio.
Sono
questi i dati più salienti appena pubblicati da Open
Cooperazione, la piattaforma opendata che aggrega i dati di
trasparenza delle organizzazioni italiane attive nel settore e che ha recentemente
realizzato un’indagine speciale sull’impatto del Covid-19.
Da
quest’ultima emerge che l’anno 2020, nonostante l’importante mobilitazione
messa in campo dalle ONG in Italia e nel mondo per contrastare gli effetti
della pandemia, si chiude male da un punto di vista economico: il 68% delle
organizzazioni prevede un bilancio in perdita (il 28% tra 0-10%, il 20% tra
10-20% e il 20% perderebbe più del 20%).
A
soffrire è in particolare la raccolta fondi, la pandemia ha spostato in modo
repentino le priorità dell’opinione pubblica sottolinea Elias Gerovasi - curatore
di Open Cooperazione. Le donazioni degli italiani hanno registrato una
virata importante verso gli enti sanitari che hanno affrontato direttamente la
pandemia in Italia con in prima fila le fondazioni degli ospedali più
importanti del paese. Le ONG, nonostante siano sempre più impegnate anche sul
campo in Italia, restano conosciute principalmente per il loro lavoro all’estero.
Il
quadro pre-Covid
Arriva a 1.022.838.429
di euro la sommatoria delle entrate registrate dalle principali ONG italiane
nel 2019, il 62% arrivano da donatori istituzionali e il restante 38% da
donatori privati. Stabile la fetta di risorse derivanti dall’Agenzia italiana
per la Cooperazione AICS e dal MAECI (35%), così come quella dall’Unione
Europea (35% - UE+Echo), il 17% arriva dagli enti territoriali attraverso la
cooperazione decentrata e il restante 12% da agenzie delle Nazioni Unite e
altre organizzazioni internazionali.
I fondi privati,
oltre a quelli derivanti dalle donazioni liberali individuali, arrivano
attraverso il canale fiscale del 5x1000 (35%), da donazioni o partnership con
le aziende (26,7% in calo di 4 punti), dalla filantropia delle Fondazioni (29,7%
in aumento di quasi 5%) e dalle chiese (8,7%).
Geografia della cooperazione
La carta geografica della
cooperazione internazionale delle ONG italiane vede in vetta i paesi africani: Kenya,
Mozambico, Senegal, Burkina, Etiopia e Congo restano i paesi più
frequentati e aiutati dalle ONG. Unici paesi non africani nella top 10 sono
Brasile, Palestine, Bolivia, India e Peru. Educazione e istruzione restano
i temi predominanti dei progetti delle ONG (85%), 73% si occupa di capacity
building e formazione e 72% di salute. A seguire l’aiuto umanitario (69%)
e il supporto allo sviluppo rurale (65%).
TOP 10 delle organizzazioni
Come ogni anno Open Cooperazione
pubblica le classifiche delle organizzazioni che hanno registrato i
valori più alti (bilanci, risorse umane, donatori, volontari, progetti, ecc). Nel
2019 i bilanci economici delle 10 più grandi ONG italiane crescono
di 28 milioni di euro (+4,5%). Torna a crescere Emergency (più 14,7%) e continuano
a correre anche Medici con L’Africa CUAMM (più 19,7%) e Fondazione AVSI (più 18%).
In positivo anche Intersos, Unicef e Medici senza Frontiere. Si ferma a 113
milioni la crescita esponenziale di Save the Children e registra un calo COOPI (meno 19%).
I
numeri della crisi post-Covid
Il
57 % delle organizzazioni ha cambiato o rinnovato la sua strategia e le
priorità a seguito della pandemia. Nella maggioranza dei casi lo hanno fatto identificando
nuove aree tematiche di intervento (51%) e mettendo in campo specifici progetti
legati all'emergenza Covid-19 (61%). Il 60% delle organizzazioni ha iniziato a
operare sul fronte pandemia riconvertendo risorse già esistenti, il 58% ha
invece mobilitato nuove risorse da privati, tre OSC su quattro hanno infatti
avviato una campagna di raccolta fondi straordinaria per Covid-19. Infine solo
il 37% è riuscita ad ottenere finanziamenti istituzionali per i progetti
dedicati alla pandemia.
Le
campagne di raccolta fondi straordinarie non sono riuscite a compensare
l’emorragia di donazioni registrata nel 2020. L’81% delle organizzazioni
riscontrano infatti un calo della raccolta fondi, per il 41% è diminuita meno
del 20%, per il 40% è diminuita più del 20%, solo il 7% è riuscita ad aumentare
la raccolta oltre il 10% rispetto ai livelli pre-Covid. Diversi
strumenti di resilienza sono stati messi in campo nella gran parte dei casi per
permettere di superare le perdite registrate. Un’organizzazione su tre ha
attivato la cassa integrazione straordinaria (FIS), il 40% è riuscito a ottenere
bonus e incentivi da decreti Covid, il 33% ha rinunciato a consulenze esterne
già programmate e il 12% ha dovuto dilazionare o ritardare il pagamento degli
stipendi.
“Non
ci siamo mai fermati nel 2020 - commenta Giampaolo Silvestri, segretario
generale di AVSI - abbiamo voluto essere anticiclici: abbiamo promosso la
ricerca di nuove soluzioni e attività innovative che permettessero di non
sospendere i progetti; abbiamo promosso una comunicazione proattiva, insieme a
campagne di raccolta fondi che hanno raggiunto nuovi soggetti; abbiamo
aumentato la cura della qualità dei progetti promuovendo un modo di lavorare
sempre più integrato tra quartier generale e management regionale. E dovremo
rilanciare ancora, sia un approccio multistakholder, sia nuove partnership,
perché il 2021 non si annuncia meno carico di sfida dell’anno scorso”.
Come ripartire
Ma
come pensano le organizzazioni di superare la crisi e quali azioni stanno
mettendo in campo per ripartire? Dalle risposte sembra che l’esperienza della
pandemia stia accelerando alcuni cambiamenti già in atto nel settore. Le ONG
italiane colgono l’occasione per cambiare il modo di realizzare le loro
attività tradizionali (63%) e in molti casi cambiano proprio tipologie di
attività (23%) cimentandosi su fronti nuovi e/o offrendo nuovi servizi (44%). A
cambiare non è solo il “come”, ma anche il “con chi”: oltre un terzo delle
organizzazioni dichiara di investire nell’intensificazione o creazione di nuovi
partenariati a livello nazionali e internazionale.
Smart
working e digitale sono le prime scelte delle organizzazioni per superare
la crisi, il 72% dei rispondenti si sta cimentando nella riorganizzazione degli
spazi e delle modalità di lavoro premendo sull’acceleratore della
trasformazione digitale. Il 58% delle organizzazioni renderà strutturale il
lavoro agile oltre il periodo di emergenza Covid-19 e il 41% ha messo in campo
l’utilizzo strutturale di strumenti di condivisione del lavoro (Planner/Slack/Teams,
ecc...).
Guardando
al futuro sembra che in molti avvertano la necessità di rinnovare la
pianificazione strategica per i prossimi anni (30%) mantenendo però la propria
identità. L’ipotesi di fusioni/incorporazioni tra enti infatti è presa in
considerazione solo dal 9 % delle organizzazioni.
Tendenze confermate da Christian Elevati - fondatore di Mapping
Change - che ha collaborato alla realizzazione dell’indagine di Open
Cooperazione. “Sono sempre più numerose le organizzazioni che ci contattano
per strutturare un percorso di pianificazione strategica o per
accompagnarle nell’elaborazione di un Bilancio Sociale. La spinta arriva per
ragioni legate alla Riforma del Terzo Settore e agli effetti della pandemia,
che in alcuni casi hanno portato ad accelerare processi di innovazione già in
corso”.
C’è bisogno di nuovi investimenti
A pensarlo è Silvia Stilli -
portavoce di AOI (Associazione delle organizzazioni di cooperazione e solidarietà
internazionale). “In sinergia con quanto stiamo elaborando con il Forum del Terzo
Settore, le organizzazioni della società civile chiedono di essere prese in considerazione
a tutti gli effetti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per l’utilizzo
strategico delle risorse del Next Generation EU. In questo ambito è necessario
disegnare interventi specifici che investano sul nostro settore e coinvolgano
le OSC mettendo alla prova la loro capacità di reinventarsi e di superare la
crisi indotta dal Covid-19.”
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TREND PLURIENNALI 2016-2019
TOP 10 DELLE ONG ITALIANE
Martedì 2 Febbraio 2021